Africanella, è tratto dal dettaglio di un logo di una azienda Italiana. Il neon ritrae in maniera caricaturale e grottesca una testa africana di pelle scura, con le labbra grosse e il fez, il cappello tipico del nord Africa.
Ho trovato davvero significativo che un’azienda possa utilizzare oggigiorno un’immagine di tale contenuto. In questo semplice ready made, mi pare condensata tutta la storia del mio paese di origine, l’Italia, col suo trascorso coloniale, fino alla triste storia recente degli sbarchi.
Un lavoro che assume inevitabilmente tinte neo-coloniali, che fa riferimento in maniera indiretta all’ondata xenofoba e razzista contro gli immigrati asiatici e africani.
Il titolo del lavoro Africanella è mutuato da una canzone fascista del 1935 per la guerra d’Africa. Legata a retaggi maschilisti nasce come una canzone di liberazione un po’ divertente che inneggiava ad una sorta di ‘unione’ tra italiani ed etiopi. Canzonetta popolare sessista come altre dell’epoca, Faccetta Nera, Africanina o Pupetta Mora, legate agli stereotipi di genere ed alla propaganda.
Sono convinto che ancora oggi per comprendere la nostra società ed il nostro tempo, lo studio accurato ed analitico del fascismo sia davvero importante, con tutto il suo carico di miserie e stereotipi per capirne i meccanismi di funzionamento e la manipolazione della lingua; un’ideologia folle, ma ugualmente capace di penetrare nell’anima delle persone.
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Africanella, 2016, tubi neon , trasformatore, 50 x 45 x 9 cm, Ncontemporary Gallery, Milan, Italy
Cristiano Tassinari